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Ergonomia e nautica da diporto

L’Articolo, scritto a quattro mani con Leonardo Zuccaro, affronta la delicata tematica della definizione del rapporto forma/funzione durante la progettazione di una barca e del ruolo che dovrebbe e/o potrebbe rivestire l’Ergonomia in questo processo. Di seguito un estratto dell’articolo: “Da sempre sbattere la testa, scivolare e inciampare è la normalità per la maggioranza dei diportisti. Il velista tipo assomiglia sempre di più a un giocatore di rugby, perennemente assillato come è da dolori muscolari e articolari, da microfratture, contusioni, abrasioni e ferite di ogni tipo. Fino a poco tempo fa si spiegava questo stato delle cose sostenendo semplicemente l’inadeguatezza sostanziale dell’uomo a vivere in spazi ristretti e instabili come quelli di una barca. Era opinione comune non solo che la scomodità e la fatica fossero ineluttabili ma che addirittura costituissero il vanto e la peculiarità caratterizzante della disciplina velica. La ‘perversità’ delle barche apparirebbe più chiara e tutt’altro che innata se venisse analizzata dal punto di vista ergonomico. Ci si renderebbe facilmente conto che dietro alla cronica mancanza di appigli, allo scorretto dimensionamento della discesa e all’uso di materiali antiscivolo poco efficaci non c’è né un maligno progetto delle macchine a sottomettere l’uomo, né l’ “inettitudine meccanica” (Donald A. Norman) dell’uomo stesso“.

L’articolo “Ergonomia questa sconosciuta”